La malattia è molto variabile come gravità e anche come evoluzione. La presenza di fratture alla nascita (o durante la vita fetale) fanno pensare in genere ad un tipo severo, ma non sono rare le forme che iniziano a manifestarsi dopo la nascita e progressivamente si aggravano. Al contrario altri casi che sembrano molto gravi alla nascita possono migliorare col tempo e permettere una buona autonomia e qualità di vita.
La domanda che viene spontanea in tutti i casi al momento della diagnosi, specie se eseguita in epoca neonatale, è se il bambino potrà arrivare a camminare e ad avere quindi una sua autonomia. Non è facile rispondere in modo preciso, ma abbiamo nel tempo avuto un generale miglioramento della evoluzione della malattia in seguito ai trattamenti, per cui bisogna porsi in un’ottica relativamente positiva riguardo al futuro del paziente.
Una domanda che viene sempre posta è relativa al tipo clinico (stadiazione clinica: tipo I, II, III, IV) come se un bambino a cui viene diagnosticata una OI di un certo tipo avesse già un percorso tracciato della evoluzione della malattia. Ebbene questo è vero solo in parte. Ci sono molte cose che possono influire su tutta la storia di un paziente, oltre alla forma di malattia: il trattamento (inteso come farmaci, ma anche chirurgia e fisioterapia), la famiglia, le condizioni ambientali e sociali di contorno. Ognuno di questi fattori può avere un diverso impatto, rendere il percorso del Paziente ogni volta differente e influire direttamente sulla prognosi.
Più che pensare alla prognosi, quindi al risultato finale, è molto più utile concentrarsi e mettere in opera un programma terapeutico che deve essere il più possibile personalizzato e tarato sulle necessità del bambino in modo da raggiungere il massimo della funzionalità e della autonomia permesse dalla particolare forma di malattia.