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OI stato dell’arte

Nelle scorse decadi, l’OI è passata dall’essere una malattia ad eziologia sconosciuta all’essere una condizione con un quadro genetico e patogenetico ben conosciuto, anche se ancora non completamente. 

Una notevole mole di lavori scientifici stanno mettendo sempre più in luce gli aspetti della malattia, i meccanismi che ne stanno alla base e la ricerca del migliore dei modi per trattarla. La OI si sta trasformando: da una condizione in cui venivano utilizzati i farmaci in uso nella osteoporosi, a un modello di riferimento per lo studio dei farmaci per l’osteoporosi.

Le attuali opzioni di trattamento cercano di prevenire le fratture, controllare i sintomi e accrescere la massa ossea. I farmaci più usati attualmente sono i bisfosfonati, il denosumab, il paratormone sintetico (teriparatide – nell’adulto) e l’ormone della crescita (in casi selezionati nel bambino). 

Nessuno di questi farmaci ha effetto sul meccanismo patogenetico della malattia, che è una alterata (in vario modo) sintesi del collagene. In pratica si curano dei “sintomi” come la fragilità ossea e le fratture, la ridotta densità minerale ossea, i dolori vertebrali, ma non il meccanismo intrinseco della malattia. 

Per agire in modo più efficace bisogna correggere il difetto genetico e/o fare in modo che vi sia una secrezione di collagene efficace nelle sedi corrette e in epoca molto precoce. 

Strategie promettenti per il futuro trattamento dell’OI e di altre malattie ossee genetiche si basano sul trapianto di cellule staminali, l’ingegneria genetica e l’utilizzo di chaperon molecolari. Tuttavia, la maggior parte di questi approcci è ancora in fase sperimentale e sono necessarie ulteriori indagini per confermare i loro benefici terapeutici.

Il trattamento medico della OI deve essere sempre considerato parte integrante dell’approccio multidisciplinare, accanto al programma di chirurgia correttiva, fisioterapia e terapia occupazionale. Tutti questi trattamenti hanno come fine quello di far raggiungere al paziente il massimo delle potenzialità che la malattia gli consente, libero da fratture e dolore: quindi il massimo della qualità di vita possibile. 

Abbiamo cercato di dare un quadro aggiornato della ricerca nel campo della OI, ma di una cosa siamo senz’altro sicuri: queste nostre considerazioni saranno tra qualche tempo certamente superate, perchè la ricerca avanza ad una velocità sempre più elevata e i risultati positivi certamente non mancheranno nel breve periodo. 

Franco Antoniazzi, Alessandra Guzzo