La diagnosi di mosaicismo germinale, che è una evenienza molto rara, viene sospettata in casi di ricorrenza di forme dominanti da genitori non affetti e quindi non portatori del gene mutato. Per accertarla bisogna avere individuato la mutazione nel paziente affetto e andarla a ritrovare nelle cellule germinali dei genitori. Questo è possibile nelle cellule germinali maschili (spermatozoi del padre), mentre non si può andarla a ricercare in modo estensivo negli ovociti materni, potendola quindi solo presumere.
Non è attualmente possibile una selezione dei gameti prima della fecondazione, mentre è possibile la diagnosi preimpianto se la mutazione genetica in causa è conosciuta. Nel corso della procedura di fertilizzazione in vitro (IVF), al quinto giorno di sviluppo dell’embrione, viene eseguita una biopsia del trofoectoderma della blastocisti e vengono prelevate alcune cellule per l’analisi genetica. Nel caso in cui venga esclusa la mutazione, si procede all’impianto in utero con le normali tecniche di fertilizzazione medicalmente assistita.Tutto questo, oltre alla diagnostica prenatale, anche questa fattibile se la mutazione in causa è conosciuta, è possibile grazie al rapido sviluppo delle tecniche molecolari che ha portato alla disponibilità di un’ampia varietà di opzioni riproduttive per i futuri genitori a rischio di OI. Tuttavia, tali opzioni possono sollevare preoccupazioni etiche in termini di metodologie, gestione delle scelte e buona pratica clinica nell’assistenza riproduttiva, che devono ancora essere pienamente affrontate . Una revisione aggiornata e molto interessante dell’argomento è reperibile a partire da: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32460820/